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Caring Vets e la critica al sistema

“Chiediamo un CAMBIAMENTO RADICALE del nostro MODELLO ZOOTECNICO”

Mi ha inviato la notizia di questa lettera una cara amica anestesista (umana), molto impegnata nella difesa del benessere animale a tutti i livelli, chiedendomi se i veterinari italiani avevano preso, a loro volta posizione. Le ho risposto che ufficialmente non mi risulta nulla e che la ringraziavo per avermi messo al corrente di una tematica di cui non avevo ancora sentito parlare, neanche all’interno del mondo veterinario.
Con una mossa coraggiosa e senza precedenti in Europa, il 26 giugno, un gruppo di veterinari prevalentemente olandesi ha deciso di schierarsi contro i diffusi maltrattamenti che si verificano negli allevamenti intensivi e nei macelli. Il gruppo, chiamato Caring Vets, ha dunque pubblicato una lettera aperta in cui sottolinea che nei macelli industriali avvengono sistematicamente gravi abusi e che il benessere animale è troppo spesso subordinato agli interessi economici. Per motivi di spazio non posso pubblicare l’intera lettera che comunque è consultabile su Internet. Posso invece, e ne sento il dovere, divulgare le parti più salienti e trarne delle riflessioni se non delle conclusioni, ma soprattutto mettere al corrente dell’iniziativa i colleghi che, come me, non ne avessero ricevuto notizia.
“Noi” inizia la lettera, “un gruppo sempre maggiore di veterinari critici del sistema, vogliamo esprimere la nostra preoccupazione riguardo questa tematica. Le condizioni nell’allevamento intensivo hanno progressivamente allontanato la professione veterinaria dalla sua fondamentale vocazione: promuovere il benessere animale, alleviare la sofferenza degli animali, segnalare le gravi carenze nella cura degli stessi e rispettare l’intrinseco valore dell’animale. L’allevamento intensivo è diventato un argomento diffuso di dibattito nella società. Molti cittadini mettono in discussione i mega-allevamenti, mettono in dubbio la legittimità della macellazione senza previo stordimento, si oppongono al trasporto a lunga distanza di animali vivi, si preoccupano per i frequenti incendi nelle stalle (un grave problema nei Paesi Bassi, ndt), per le patologie animali, la salute pubblica e la degradazione dell’ambiente causata dalla zootecnia industriale. Da parte loro invece i veterinari e le loro organizzazioni professionali stanno in disparte: raramente si esprimono e, se lo fanno, le loro dichiarazioni hanno spesso lo scopo di mantenere lo status quo e proteggere gli interessi esistenti – un esempio recente è quello del dibattito tenutosi nei Paesi Bassi riguardo alla separazione dei vitelli appena nati dalle vacche da latte. Dai Paesi Bassi, gli animali vivi (dal primo giugno anche i vitelli non svezzati) sono trasportati verso Paesi dove la normativa sul benessere animale a malapena esiste o dove è spesso violata. Un veterinario deve emettere un certificato sanitario per ciascun trasporto. Tuttavia, nessun animale può essere così tanto in salute da trascorrere un’intera giornata in un camion o in una nave sovraffollata con pessimi impianti per l’abbeveraggio, spesso sotto il sole cocente o in condizioni di freddo estremo, talvolta anche in avanzato stato di gravidanza. Questi sono alcuni esempi di prassi che noi veterinari e le nostre associazioni professionali agevoliamo. Talvolta con le nostre firme, molto spesso con il nostro silenzio”.
Il dettato prosegue mettendo in evidenza che i doveri che stanno uno dei doveri che sta alla base della professione veterinaria, la tutela del benessere animale, non può sottostare agli interessi economici che dominano la catena degli allevamenti intensivi. Il gruppo procede poi con alcune esemplificazioni che vanno interpretate anche alla luce delle diverse normative presenti nei Paesi europei, non sempre uniformate da un’Europa che mostra continuamente le sue contraddizioni e la diversificazione più che l’armonia.
“Il modello predominante di produzione di prodotti di origine animale in grandi quantità a basso costo non ha cagionato solamente gravi problemi ambientali ma costituisce una minaccia per il benessere animale. Sono gli animali ad essere adattati ai sistemi zootecnici e non viceversa. Questo comporta alte densità di allevamento e insufficienti arricchimenti ambientali o distrazioni, in modo che gli animali sono spesso sottoposti a mutilazioni dolorose “per la loro stessa sicurezza”. I vitelli da latte appena nati sono separati dalle loro madri, i vitelli e gli agnelli vengono decornati, le scrofe sono a tutt’oggi confinate in gabbie individuali per periodi prolungati, le code dei suinetti vengono mozzate e le galline debeccate: sono tutte vere e proprie violazioni del benessere animale. Alcune di queste pratiche, come la mozzatura routinaria della coda dei suinetti, sono già vietate a livello normativo ma, a causa della struttura degli allevamenti, sono considerate necessarie”.
Se negli allevamenti la situazione degli animali è grave, quando essi arrivano al macello le cose peggiorano ulteriormente. Scrive il gruppo dei 70: “I suini vengono storditi con l’anidride carbonica, che cagiona orribili sofferenze poiché tale gas è fortemente irritante per le vie respiratorie, provoca un senso di soffocamento e i suini si dibattono violentemente e vocalizzano prima di perdere conoscenza. Frequentemente i polli giungono al macello con vesciche sul petto e sulle zampe causate dell’alto contenuto di ammoniaca presente nella lettiera dei capannoni dove vengono allevati. Durante le operazioni di cattura, le fratture alle ali o alle zampe sono estremamente frequenti poiché i volatili sono ammassati nei contenitori utilizzati per il trasporto il più in fretta possibile. Una certa percentuale di decessi (vengono definiti “DOA”, acronimo di “dead on arrival” ovverosia arrivati morti o morti durante il trasporto, ndt) o lesioni sono considerati normali anche prima che i polli giungano alla linea di macellazione”.
Conclude la lettera che meriterebbe di essere letta per intero “È per questi motivi che chiediamo un cambiamento radicale del nostro modello zootecnico. No ai suini con le code mozzate, su pavimenti in cemento, in gabbie di allattamento e no ai mega-allevamenti. Niente più vacche che non possono mai crescere i loro vitelli o brucare erba al pascolo. Niente più polli che giungono al macello con le ali fratturate. No ai trasporti a lunga distanza, tanto meno di animali sotto i due mesi di vita. Niente strette di mano a detrimento del benessere animale. Chiediamo invece veterinari che si preoccupino degli animali prima di ogni altra cosa.”
“Chi altro lo può fare se non noi, i veterinari?”
Bella domanda e riflessioni che non possono essere ignorate facendo spallucce. Ignoro quanti siano adesso nel gruppo, ma da domani saranno uno in più, per quel che può valere.
P.S. La traduzione dall’olandese è a cura di Annamaria Pisapia.

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